Editoria, bisogna creare un ecosistema non un’industria

Terzo capitolo della nostra analisi del white paper della Buchmesse di Francoforte sull’andamento del mercato editoriale internazionale.

Amazon è un ottimo esempio per capire come è cambiato il mondo editoriale in questi ultimi anni. La società di Jeff Bezos è nata nel 1994 con un’identità molto chiara e definita: Amazon era un sito che vendeva libri.

Trasformazioni e impatto culturale

Oggi nessuno pensa più ad Amazon come ad un semplice sito che vende libri, anzi i libri e l’editoria in genere sono una parte relativamente minore del business di Amazon. In soli 22 anni Amazon è diventato un top player del web in grado di definire in maniera significativa il modo in cui noi utilizziamo la rete. L’aspetto editoriale è senza dubbio importante in termini economici, ma lo è soprattutto in termini di immagine per Bezos e per la sua azienda (penso ad esempio all’acquisto del Washington Post).

La spinta propulsiva in termini di innovazione e di visione data da Bezos al mondo editoriale gli ha permesso di ritagliarsi un ruolo di primo piano nel panorama culturale internazionale, diventando a tutti gli effetti un soggetto da cui non si può prescindere quando si parla di editoria. Eppure, se guardiamo i numeri, Amazon realizza l’85% del suo fatturato fuori dagli USA in soli tre paesi: Germania, UK e Giappone. Nonostante tutto l’impatto di Amazon sull’editoria è senza dubbio mondiale, tanto che le vendite stanno crescendo molto anche in tutti gli altri paesi, sia in quelli in cui Amazon è presente con un sito in lingua sia in quelli dove è accessibile soltanto la versione wolrdwide .com.

Amazon dunque in breve tempo si è evoluta in un vero e proprio ecosistema culturale e di vendita, capendo prima degli altri che oggi i Big Data sono la vera ricchezza delle aziende, così come i forti investimenti in marketing (cosa che gli editori classici hanno sempre snobbato).

e-Commerce in crescita IN TUTTO IL MONDO

Intanto in Germania il mercato dell’e-commerce editoriale è cresciuto del 6% nel 2015, mentre le vendite nelle librerie sono calate del 3,5% e oggi rappresentano meno della meta delle vendite globali di libri. Se andiamo a guardare il Global WeB Index possiamo vedere che in tutte le 30 grandi economie del mondo, con l’esclusione dell’India, almeno il 25% della popolazione ha fatto acquisti online nel mese scorso. In Gran Bretagna si sale addirittura al 75%, ovvero con 3 cittadini su 4 che il mese scorso hanno fatto almeno un acquisto online.

E quando parliamo di acquisti online parliamo sempre di più di acquisti tramite smartphone. Il mobile di fatto impone nuove sfide per gli editori, sfide che vanno al di là delle classiche transizioni commerciali. Detto in termini molto brutali gli editori e i librai rischiano sempre di più di perdere “la proprietà del lettore” dato che non sono più in grado di influenza direttamente le vendite con i canali e i sistemi tradizionali, fenomeno che ha ricevuto un grande impulso già con la diffusione dei social network.

I lettori, soprattutto i lettori forti, oggi prendono le loro decisioni di acquisto sempre di più all’interno di ambienti sociali, digitali e non, in cui possono confrontarsi direttamente con la loro community di riferimento. Ecco perché gli editori devono ragionare in termini di ecosistema allargato e non più in termini di puro asset industriale, altrimenti corrono il rischio di continuare un monologo infinito senza un pubblico che voglia ascoltarli.

Continua…

Le prime due parti dell’analisi del white paper della Buchmesse di Francoforte:

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