Crisi della carta e libri, ecco perché il digitale non basterà

Il costo enorme della carta rischia di mandare in tilt il mondo del libro. Grande opportunità per il digitale? I numeri raccontano una storia diversa.

Nel mondo editoriale da diversi giorni si parla con molta preoccupazione del costo della carta. È tutto spiegato molto bene in questo articolo de ilPost: la carta costa così tanto che gli editori faticano a comprarla. Si sta parlando quindi di un problema strutturale per un comparto che, letteralmente, vive di carta.

Da più parti si è pensato che questa situazione critica potrebbe dare la spinta definitiva all’affermarsi dell’editoria digitale, ma dubito che sarà così. Si ignora che il problema di fondo, quando si parla di editoria, è che il mercato digitale porterà a una inevitabile contrazione del fatturato dell’intero comparto editoriale. Attenzione, la mia non è una previsione o un’ipotesi, ma un dato di fatto. Vediamo insieme perché.

I numeri del mercato editoriale italiano

Partiamo da una serie di numeri fondamentali, ovvero quelli del mercato editoriale italiano (dati AIE, ottobre 2021):

  • il mercato del libro in Italia vale circa 1.7 miliardi di euro. Cifra che peraltro segna un balzo in avanti rispetto a 1.487 milioni del 2019 e i 1.470 milioni del 2020.
  • nei primi mesi del 2021 il mercato della cosiddetta “varia” ha fatturato complessivamente 1,37 miliardi di euro;
  • il mercato degli ebook, sempre nello stesso periodo, ha fatturato circa 93 milioni di euro (-8% rispetto al record toccato nel 2020);
  • il mercato degli audiolibri in Italia complessivamente vale 30 milioni di euro (cifra record con un +37% rispetto all’anno precedente);
  • il mercato del podcast in Italia vale 8 milioni di euro.

Numeri del genere fanno capire subito quanto, per i grandi gruppi editoriali, il mercato digitale sia ancora marginale.

Ora però la carta costa di più, quindi gli editori spingeranno sul digitale e tutto il mercato crescerà di botto, questo è quello che in molti stanno pensando. Se devo essere sincero è la stessa cosa che avevo pensato pure io, ma poi facendo due conti ho capito che la situazione è molto diversa.

Il digitale non è e non sarà mai sostenibile per i big italiani dell’editoria

Partiamo da un dato di base: i grandi gruppi industriali si basano sul fatturato. Perfino l’utile passa in secondo piano rispetto al fatturato, figuriamoci dati come il numero delle copie vendute, il prezzo di copertina o altro.

I big del mondo del libro, per poter restare tali in un mondo fatto di giga-colossi economici, devono avere fatturati importanti. Non a caso i big editoriali internazionali restano protagonisti di un’economia marginale se confrontati con altri player di primo piano a livello globale.

Davvero si pensa che un settore che complessivamente vale meno di 2 miliardi di euro possa solo immaginare di fare concorrenza a un soggetto come Amazon che a maggio 2021 aveva una liquidità di circa 31 miliardi di dollari? O a Apple che ha fermi in banca 200 miliardi di dollari cash? Ma di che parliamo, dai. E la cosa vale per tutti, sia chiaro: il mercato editoriale USA genera complessivamente 25 miliardi di dollari di ricavati, quello cinese 10.5 e così via.

Arriviamo dunque al problema del digitale. Sarà un discorso lungo, vi avviso, però non si può fare altrimenti. Partiamo dagli ebook.

Il 70% degli ebook in vendita su Amazon USA hanno un prezzo compreso tra i 2.99 e i 9.99 dollari. Non ho sottomano dati aggiornati per il mercato italiano, ma per esperienza diretta posso dire che, fatto il cambio dollari/euro, le cifre sono più o meno le stesse.

Possiamo quindi ipotizzare un prezzo medio per gli ebook italiani intorno ai 7.99 euro a ebook, con una differenza sostanziale: gli ebook pubblicati da editori strutturati costano mediamente di più (dai 9.99 euro in su, anche se poi ci sono le offerte a 0.99, ecc.), mentre quelli pubblicati da selfpublisher e da editori indipendenti mediamente hanno un prezzo più basso (diciamo intorno ai 3.99 euro). Scendere sotto i 2.99 euro su Amazon è una mossa suicida anche per i selfpublisher perché in quel caso Amazon ti riconosce soltanto il 30% del prezzo di copertina.

Quanto incassa un editore vendendo un libro? E un ebook?

Secondo i dati AIE presentati al Salone del Libro di Torino il prezzo medio di copertina di un libro cartaceo si attesta a 14,68 euro (in calo dell’1,6% rispetto al 2020 e del 2% rispetto al 2019).

Per comodità prendiamo un prezzo medio di 15 euro a libro. Possiamo quindi calcolare che un editore incassi circa 7.50 euro dalla vendita (il distributore di solito acquista dall’editore con uno sconto vicino al 60%, percentuale che ovviamente si abbassa di molto o sparisce nel caso di vendite online o dal sito dell’editore).

Da questi 7.50 dobbiamo togliere la percentuale dell’autore (una cifra che può variare tra gli 0.50 agli 1.50 euro a copia in caso di libro con prezzo di copertina di 15 euro) e circa 2.50 euro per la logistica e la carta (variabili impossibili da calcolare in maniera standard).

Il nostro editore dunque incassa una cifra che può variate tra 3 e i 4,5 euro a libro. Da questa cifra vanno tolti il costo della grafica, dell’impaginazione e dell’editing che sono costi fissi. Potremmo ipotizzare che il guadagno finale per un editore sia di circa 2 euro a copia.

Mettiamo il caso invece di un ebook venduto a 7.99 euro. Il 35% circa se lo prende il portale, quindi all’editore restano 5.15 euro. C’è però la percentuale per l’autore, ovvero una cifra compresa tra 0.40 e 1 euro a copia (un autore con poco potere contrattuale prende il 5% sul prezzo di copertina, un big può superare il 10%). All’editore restano circa 4.35 euro, da cui però vanno tolti i costi fissi di cui parlavamo prima, ovvero grafica, impaginazione, editing, traduzione e acquisizione diritti in caso di libri di autori stranieri, ecc.

In definitiva un editore, per mantenere lo stesso margine di guadagno tra cartaceo e digitale, deve vendere un ebook alla metà del prezzo di copertina del cartaceo (restano ovviamente esclusi da questo ragionamento editori come Newton Compton che da sempre hanno una politica di prezzo molto aggressiva e che ragionano in termini di volumi).

Ma, e qui si pone il problema, il pubblico non è disposto a pagare così tanto per un ebook. Se vado a vedere in questo momento la top10 degli ebook più venduti su Kindle, troviamo solo titoli tra 1.99 e 3.99 euro.

Per un editore vendere un ebook a 2.99 o anche a 3.99 significa però limitarsi a girare dei soldi perché i costi fissi di cui parlavamo prima sono identici per un ebook e per un libro cartaceo.

Crisi della carta e libri, ecco perché il digitale non basterà
Bestseller Kindle, la schermata della classifica dei 10 ebook più venduti in Italia su Kindle Store (24 ottobre 2021)

I dati cambiano un po’ se andiamo a vedere la classifica degli ebook più venduti su Kobo Store o Apple Libri, con prezzi un po’ più alti (del resto un utente Apple ha mediamente maggior disponibilità economica di un utente Android), ma nel mondo dell’ebook italiano Kindle Store vale una fetta così grande del mercato che tutto il resto è noia. Quindi, riassumendo, il guadagno di una vendita per un ebook venduto sotto ai 7.99 euro è praticamente nullo o estremamente marginale.

Se tutti passassero al digitale crollerebbe comunque il fatturato

Se poi si ipotizza un passaggio massiccio di lettori dal cartaceo al digitale si verificherebbe una vera catastrofe per i gruppi editoriali italiani, dato che il fatturato crollerebbe in maniera verticale.

Anche se, come confermano i dati AIE, i lettori forti leggono sempre di più, resta il fatto che quello del libro è un mercato finito determinato dal tempo: una persona può leggere al massimo un tot di libri all’anno.

Se prima un lettore forte leggeva 100 libri all’anno e spendeva in media 9.99 euro a libro, arrivava a spendere 999 euro all’anno in libri. Se oggi invece legge 200 ebook all’anno, ma spende in media 3.99 euro a ebook arriva a spendere 798 euro all’anno. Un bel risparmio in termini di rapporto qualità prezzo per il lettore, un disastro in termini di fatturato e di guadagno per l’editore. Anche perché lettori da 200 libri all’anno ce ne sono pochi, pochissimi.

Oltre al fatto che il digitale sta distruggendo il mercato dei “classici”, dato che tutte le opere fuori diritti possono essere lette gratuitamente in maniera perfettamente legale. Per non parlare poi del prestito bibliotecario che da quando è diventato anche digitale rappresenta un’altra grave minaccia per il mondo editoriale, soprattutto nei paesi anglosassoni.

Audiolibri e podcast? Ancora peggio

Audiolibri e podcast rappresentano le grandi novità del mercato editoriale (non solo italiano). I numeri però sono ancora irrisori, come abbiamo visto, e non va dimenticato che produrre un audiolibro oggi rappresenta un costo non indifferente per un editore. Ma, sopratutto, sono pochissimi i player che stanno guadagnando davvero da questo mercato.

Se togliamo dalla piazza i vari Audible, Spotify o Apple resta davvero pochissimo agli editori. Non a caso in questi due settori chi ha fatto grandi investimenti? Amazon (proprietaria di Audible), Spotify, Apple, ecc. Insomma, siamo alle solite.

I big internazionali investono per creare un mercato che, di fatto, serve per far sì che un utente resti all’interno di un ecosistema predefinito (oltre a migliorare la profilazione dell’utente stesso), ovvero l’ecosistema Apple, Amazon, Spotify o Disney…

Non a caso la grande partita dei contenuti si giocherà sempre più sull’esclusiva anche nel mondo dell’audiolibro e del podcast, con le piattaforme che però sono allo stesso tempo editrici, distributrici e produttrici. Un chiaro conflitto di interessi che ormai la politica finge di non vedere da decenni e che soltanto colossi come Epic stanno provando a infrangere.

E quindi, cosa succede?

Succede che i grandi gruppi editoriali proveranno a resistere fino alla fine, costi quello che costi. Alzeranno barricate, chiederanno soldi alla politica (come sta già succedendo sul fronte del giornalismo), piangeranno il morto e invocheranno ogni tipo di giustificazione culturale fino all’ultimo. Perché se cala il fatturato complessivo cala la competitività, c’è minor possibilità di offrire prodotti di qualità, si può sbagliare di meno, si è costretti a tagliare su tutto.

Probabilmente, come ha fatto Google con il mondo del giornalismo, ai grandi player converrà tenere in vita artificialmente un po’ di editori, ma questo è un altro discorso. Un mercato monolitico non fa bene a nessuno e quindi meglio girare una quota marginale dei profitti anche ad altri soggetti in modo da garantire un po’ di diversità, per lo meno da un punto di vista formale.

Del resto è quello che ha iniziato a fare Google che da qualche anno ridistribuisce ai grandi gruppi editoriali un’infinitesima quota dei suoi utili. Così come a Google conviene che ci sia qualcuno che continui a pubblicare contenuti online, allo stesso modo ai grandi gruppi editoriali converrà che esistano soggetti altri sul mercato. Ma queste sono solo teorie e previsioni che poco hanno a che fare con questo articolo.

Il mercato editoriale sarà sempre più digitale, su questo non c’è alcun dubbio, si tratta soltanto di capire quanto durerà la transizione. Ma questo per i grandi gruppi editoriali italiani e di tutti quei mercati con lingue non abbastanza rappresentate in termini di massa critica rappresenterà uno tsunami di cui forse non tutti hanno ancora compreso la vastità.

Valorizzazione del catalogo e print on demand possibili soluzioni

Va detto che il digitale resta una risorsa preziosa nel caso di titoli già ammortizzati dagli editori , ovvero quei titoli per cui i cosiddetti “costi fissi” di cui abbiamo parlato sono già stati recuperati. L’ebook o l’audiolibro sono strumenti preziosi per valorizzare il catalogo, ma come abbiamo visto costituiscono un problema quando si parla di novità. Problema non da poco se si considera che le novità costituiscono il vero business degli editori.

In uno scenario di questo tipo il print on demand diventerà sempre più importante, ma ancora una volta si finisce nelle mani di Amazon che in questo settore è già all’avanguardia e, di fatto, ha già azzerato qualsiasi possibile concorrenza.

Oltre al fatto che il print on demand obbliga l’intero comparto a un ripensamento totale della filiera produttiva, con i distributori che diventerebbero l’anello debole della catena (al contrario di quanto accade oggi con la distribuzione che è la vera padrona del mercato editoriale).

Nonostante tutto resta il problema di fondo, ovvero la diminuzione complessiva del fatturato del comparto, elemento che costringerà i grandi gruppi editoriali a enormi ridimensionamenti nei prossimi vent’anni. Su una cosa comunque ci sono pochi dubbi: i colossi andranno avanti finché potranno farlo (da questo punto di vista il mondo del giornalismo o quello della musica sono un esempio lampante, per non parlare del cinema).

I big player hanno troppo da perdere e troppo poco da guadagnare, quindi finché il Titanic non sarà del tutto affondato si continuerà a suonare alla grande.

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