Audiolibri, adesso ci credono anche gli editori italiani

Si è concluso un Salone del Libro che ha presentato novità importanti per il mercato dell’audiolibro italiano, a partire dall’arrivo di Storytel.

Si è conclusa ieri la 31esima edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, un’edizione che è stata molto importante per il mondo dell’audiolibro.

Partiamo dall’incontro di venerdì durante il quale Storytel si è ufficialmente presentato al mercato italiano. Un evento che segna uno spartiacque perché, forse per la prima volta, tutto il mondo dell’audiolibro italiano si è riunito nella stessa stanza.

In sala infatti c’erano praticamente tutti i player storici del settore: Il Narratore, Emons, GoodMood, Area51, Full Color Sound e noi di LA CASE Books, insieme a Audible, che ha investito tantissimo negli ultimi due anni creando finalmente un mercato vero, e poi Storytel e perfino Findaway, che da un po’ di tempo sta sondando il mercato italiano e e che ha partecipato all’IBF al Salone.

Per la prima volta, inoltre, una presenza attiva anche dei grandi gruppi editoriali che hanno partecipato all’incontro e si sono confrontati con chi si è inventato il mercato degli audiolibri italiano.

Al di là dei numeri del settore, che restano ancora marginali, la vera novità dell’incontro al Salone è stata proprio questa: l’editoria italiana ha deciso di entrare direttamente nel mercato degli audiolibri. Mondadori, Giunti, Piemme… ma anche Newton Compton e tanti altri editori hanno già iniziato a produrre audiolibri, o lo faranno a breve.

E adesso cosa succede?

Senza dubbio in un sistema di questo tipo diventerà centrale la figura degli agenti letterari, la gestione dei diritti e i contenuti originali.

Non a caso durante gli incontri all’IBF mi sono sentito ripetere sempre di più che l’editore oggi pretende anche i diritti per gli audiolibri, cosa che invece fino a poco tempo fa non era molto comune.

Cambia lo scenario per chi era abituato a chiudere accordi con altri editori, mentre le cose sostanzialmente restano le stesse per chi era abituato a lavorare su titoli originali o sui classici, o per chi è era abituato a prendere accordi direttamente con le agenzie letterarie, bypassando dunque l’editore del cartaceo.

Dal canto loro gli editori dovranno inglobare figure con professionalità inedite rispetto a quelle presenti oggi nella case editrici. Questa sarà infatti la sfida numero uno, altrimenti potremmo assistere a uno spreco enorme di risorse (come peraltro è già successo in passato).

Il rischio infatti è quello di pensare di poter ottenere risultati ripetendo le stesse strategie utilizzate finora nell’ambito tradizionale, senza rendersi conto delle specificità del settore audio.

Inutile dire che oggi in Italia i professionisti capaci di unire questi due settori si contano sulle dita di una mano e, particolare ancora più importante, dubito che molti editori se ne rendano conto viste le scelte fatte negli ultimi anni.

Stiamo a vedere cosa succederà, di sicuro il mondo dell’audiolibro italiano non è mai stato al centro di tanta attenzione e di tanti investimenti come in questo momento: 

Grande è la confusione sotto il cielo, perciò la situazione è favorevole.

3 commenti

    • Innanzitutto tutti i problemi legati alla gestione dei diritti e alle varie piattaforme distributive, poi le specificità proprie del mondo audio: casting e gestione delle voci (differenze tra attori, spekaer, lettori…), formati, sound recording e rapporti con gli studi di produzione (capacità di riconoscere il valore e il costo di un prodotto).
      Infine, particolare non di poco conto, la conoscenza dei cataloghi audio esistenti, di cosa è andato e cosa no, delle enormi differenze di gestione di un contenuto audio e uno cartaceo (o ebook) in termini di possibilità distributive.
      Se si pensa di replicare schemi e abitudini tipici dell’editoria cartacea si rischia di prendere qualche bel granchio… (come è giù successo, peraltro).

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