Si moltiplicano i casi di ricatto su Goodreads: o paghi scatta il bombing review. E se fosse una strategia di guerrilla marketing per ottenere visibilità da parte di autori mediocri?
Megan McCluskey ha scritto un lungo articolo su Time per approfondire il problema del review bombing su Goodreads, piattaforma che negli Stati Uniti è diventata un punto di riferimento imprescindibile per la community dei lettori e che è stata acquistata da Amazon nell’ormai lontano 2003.
Review Bombing, di cosa si tratta?
Il cosiddetto review bombing, problema molto diffuso ad esempio nel turismo, è quel fenomeno per cui un libro viene letteralmente massacrato di recensioni negative su Goodreads dopo che l’autore si è rifiutato accettare un’estorsione da parte di ignoti. O magari perché contro di lui si è coalizzata una community di attivisti.
Come dicevamo nel mondo del turismo il fenomeno è noto da tempo, fenomeno che peraltro funziona anche nel senso opposto, ovvero con un mercato nero in cui è possibile acquistare recensioni positive che cresce giorno dopo giorno. Il punto è molto semplice: qualsiasi sistema preveda recensioni da parte degli utenti può essere hackerato, più o meno facilmente, in modo da influenzare in positivo o in negativo un determinato prodotto.
Su Amazon il problema è noto da tempo e, infatti, qualche anno fa è stata introdotta la dicitura “acquisto verificato” che dovrebbe certificare le recensioni. Ma nel mondo dei libri, della musica e dell’entertainment in generale “l’acquisto verificato” non ha molto valore, dato che io posso aver letto un libro senza averlo per forza acquistato su Amazon.
Il caso di Beth Black
McCluskey nel suo pezzo su Time parla del caso di Beth Black, selfpublisher che dopo aver pubblicato un post in cui parlava dell’imminente uscita di un suo nuovo libro, ha ricevuto una mail da un server anonimo con una minaccia bella e buona:
O TI PRENDITI CURA DEI NOSTRI BISOGNI E DELLE NOSTRE ESIGENZE CON IL TUO PORTAFOGLIO O ROVINIAMO LA TUA CARRIERA DI AUTRICE. TI CONVIENE PAGARCI O SPARIRAI DA GOODREADS.
La seflpublisher statunitense, autrice di una serie di romanzi rosa, ha deciso di non cedere. Nei giorni successivi al su rifiuto Black ha detto di aver visto comparire molte recensioni da una stella ai suoi romanzi.
Devo dire però che sono andato a controllare i libri pubblicati da Black su Goodreads e la situazione è diversa da quanto raccontato nell’articolo di Time. Ecco la media delle recensioni per i titoli di Black su Goodreads:
- Where You Go, I Go (Better Late Romance), 8 recensioni e 24 valutazioni, media: 4.9 stelle su 5.
- The Taste of Truth: Candid Confessions of a Dedicated Liar (Desperately Divine, #1), 1 recensione e 8 valutazioni, media: 5 stelle su 5.
- Extraordinary Treasures, 5 recensioni e 23 valutazioni, media: 4.8 stelle su 5.
- Untitled Better Late Romance Holiday Tale, 1 recensione e 4 valutazioni, media: 5 stelle su 5.
- The Hummingbird Review; Volume 2, Number 1, 1 recensione e 4 valutazioni, media: 4.9 stelle su 5.
E se fosse una strategia di guerrilla marketing?
Come abbiamo visto dunque i numeri delle recensioni e delle valutazioni dei libri di Black sono piuttosto bassi e comunque tutti molto positivi. Va sottolineato poi che in diversi casi le recensioni da 5 stelle sono di lettori che non hanno letto il libro, ma che vogliono aiutare l’autrice contro gli “scammers” e i “cyber bullies” che la perseguitano.
Black sostiene che le recensioni negative siano state eliminate dalla piattaforma molto velocemente dopo la polemica, ma di fatto si è verificato il fenomeno contrario: l’autrice sta beneficiando di voti a 5 stelle di persone che non hanno letto i suoi libri ma che vogliono aiutarla a combattere i “cattivi”.
E stiamo parlando di un autrice che su un totale di 16 recensioni divise in 5 libri ha 4 recensioni a 5 stelle di solidarietà, 2 recensioni scritte da recensori che avevano ricevuto il libro in omaggio perché fosse recensito, e 2 auto-recensioni dell’autrice.
Non è che gridare al lupo al lupo sia stato in realtà uno strumento per attirare l’attenzione su di sé? Con risultati piuttosto mediocri peraltro, dato che l’articolo pubblicato da Times è del 9 agosto, ma la polemica su Goodreads è stata lanciata da Black a maggio 2021.
Il bombing review inaccettabile è solo quello dei rivali politici
Sia chiaro, il problema dei troll e del review bombing è reale e quello di Black non è il primo caso. La community di Goodreads è molto attiva e sono state tante le segnalazioni di fenomeni di questo tipo nei mesi scorsi, con diversi autori che si lamentano perché a quanto pare Goodreads non prende provvedimenti seri contro i “troll” e gli “scammer”.
Anche perché il problema può riguardare community di attivisti che decidono di bombardare di commenti negativi un libro in base alle loro idee politiche, naturalmente senza averlo. Questo però è un fenomeno a mio avviso naturale, dato che allo stesso modo chi affronta temi sensibili approfitta delle review e dei commenti positivi di tante persone che non hanno letto il libro ma che sono “solidali alla causa”.
Di fronte a bombing review di tipo politico poi il problema diventa ancora più spinoso, dato che gli attivisti che ritengono sacrosanto boicottare o danneggiare un avversario politico, sono gli stessi che gridano poi allo scandalo quando la cosa gli si ripercuote contro (basta vedere l’ormai consolidato sistema della “gogna mediatica” sui social, soprattutto su Facebook). Non a caso la discussione nell’articolo di Time si sposta proprio su tematiche politiche.
Ecco allora che se ricevi recensioni negative o critiche il motivo dev’essere per forza politico: sei sei nero sono i bianchi a darti una stella, se sei bianco sono i neri a darti una stella, se sei di sinistra sono quelli di destra e così via. Tutto molto in linea con la mentalità coloniale che ormai regna suprema nella società occidentale odierna, ovvero che è sempre colpa di qualcun altro se le cose vanno male.
E Goodreads cosa fa?
In tutto questo Goodreads che fa? Poco o nulla, sostengono gli autori. È difficile ottenere dal portale la rimozione dei commenti negativi, eppure Black è riuscita a risolvere il suo problema molto velocemente.
Da un punto di vista della piattaforma credo che, molto banalmente, proprio come accadde su tutti gli altri social quello che interessa è il traffico, il movimento interno alla piattaforma, quindi ben venga se ci sono tante interazioni anche se sono fasulle.
Facebook, Twitter, TikTok e Instagram, solo per citare i social network più conosciuti, sono impestati di account finti. Alla fine le piattaforme intervengono una volta sì e mille no, anzi quando intervengono magari chiudono un account vero e non si accorgono degli altri duecento falsi che prosperano.
Se a tutto ciò aggiungiamo che il mercato editoriale resta un’economia marginale è difficile pensare che le piattaforme siano davvero interessate a stroncare in maniera efficace questi sistemi dato che, dal loro punto di vista, molto probabilmente si tratterebbe di un investimento in perdita.
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