L’Europarlamento e il Consiglio UE hanno raggiunto un accordo dopo appena 13 ore di trattative in 3 giorni. Ecco cosa cambia.
La questione della tutela del copyright sul web è connaturata alla natura stessa di internet. Prima c’è stato Napster, poi i torrent, lo streaming e tutto il resto. Uno tsunami che ha rivoluzionato il concetto stesso di copyright. Da dunque l’Unione Europea cerca di trovare una soluzione alle continue violazioni del copyright presenti nel web, anche se leggendo i termini dell’accordo raggiunto ieri ho l’impressione che l’obiettivo sia un altro.
Gli sforzi dell’UE infatti non sembrano votati alla tutela effettiva del copyright, ma piuttosto al trovare un modo perché i grandi gruppi editoriali riescano ad aumentare le loro entrate.
Non si capisce altrimenti perché si vogliano tassare i link o le preview degli articoli, quando a rigor di logica le cose dovrebbero funzionare al contrario: chi viene linkato ottiene un beneficio e quindi dovrebbe essere lui a pagare. Stesso discorso per Google che porta traffico sui siti indicizzati (e che, comunque, possono sempre scegliere di non essere indicizzati…).
Del resto nel “mondo reale” funziona così: se io ti porto un cliente tu mi riconosci una commissione. I grandi gruppi editoriali invece sostengono che le cose debbano funzionare al contrario: tu mi porti i clienti e in più mi paghi anche una commissione.
Un accordo provvisorio
L’accordo trovato in questi giorni comunque è provvisorio s sono abbastanza sorpreso che sia stato raggiunto in appena 3 giorni di trattative (13 ore complessive). Il provvedimento è stato contestato (l’Italia e altri paesi hanno votato contro) e nelle prossime settimane ci saranno sicuramente azioni di protesta nei confronti dei punti più critici della direttiva.
Andrus Ansip, il vicepresidente della Commissione, ha dichiarato che
L’accordo garantisce diritti per gli utenti, una remunerazione giusta per gli autori, e chiarezza di regole per le piattaforme. Finalmente gli europei avranno regole moderne sui diritti d’autore adeguate all’era digitale con benefici reali per tutti.
Il punto maggiormente critico di questo accordo è quello sottolineato con orgoglio da Axel Voss, il relatore della direttiva sul copyright, come riporta l’AGI:
Gli utenti non avranno la responsabilità se caricano qualcosa. Saranno le piattaforme a avere la responsabilità: non ci sarà impatto sugli utenti. Potranno caricare quello che vogliono. La responsabilità sarà delle piattaforme che dovranno verificare se il materiale è legale.
Deresponsabilizzare completamente gli utenti mi sembra una follia assoluta che va contro ogni principio legale, senza tener conto che già adesso le piattaforme come Youtube bloccano praticamente in automatico tutti i video che violano in qualche modo il copyright (idem per Facebook).
Cosa si può e cosa non si può fare
Non si capisce poi perché i meme o le GIF potranno essere condivise in modo gratuito, quando nel 99% si tratta di materiale che viola sistematicamente la legislazione sul copyright. Forse perché i grandi gruppi editoriali non guadagnerebbero nulla da un’eventuale tassazione su meme e GIF?
Stesso discorso per i link “accompagnati da piccole parole o estratti molto brevi”. Qualcuno sa spiegarmi cosa significa “breve”? Di quante lettere o parole stiamo parlando?
Non capisco poi perché le start-up con meno di 5 milioni di utenti unici al mese e meno di 10 milioni di fatturato l’anno saranno esentate da una parte degli obblighi previsti dalla direttiva.
Se poi passiamo agli snippet, ovvero i link che presentano anche un’anteprima dell’articolo (si veda la pagina dei risultati di una qualsiasi ricerca su Google), la direttiva dice tutto e niente. Anche qui si parla di “testo molto breve” per gli aggregatori di notizie come Facebook e Google (aggregatori di notizie? sic…).
Nella direttiva inoltre viene specificato che i giornalisti dovranno ricevere una parte delle entrate ottenute dagli editori per il materiale protetto da copyright, cosa che viene già regolamentata dal contratto che ogni giornalista firma con il suo editore. Qui a mio avviso siamo al masochismo puro: se gli editori dovranno mettere in piedi un sistema di rendicontazione per pagare i propri giornalisti in base ai click o alle visite sulle varie pagine si arriverà al default amministrativo in breve tempo.
In definitiva dunque credo che questa normativa sia fumosa, poco chiara negli obiettivi e nelle determinazioni. Bisognerà poi vedere come verrà recepita da ogni singolo stato dell’Unione, altro elemento di instabilità tutto da valutare.