Franceschini e il pres. di Google Erich Schmidt si sono confrontati su temi come la cultura, l’innovazione e il digitale. Che figura penosa per l’Italia….
Il Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini e Eric Schmidt, presidente di Google, hanno incontrato gli studenti dell’Università di Architettura de La Sapienza di Roma. Si è parlato di cultura, turismo, digitalizzazione, innovazione.
Lo scenario che emerge dalle parole di Franceschini è francamente sconfortante: leggendo le dichiarazioni del ministro infatti ho provato un misto tra imbarazzo e vergogna. La prima impressione è che non solo sia stata cancellata la parola innovazione dal vocabolario italiano, ma che anche il senso della realtà di queste persone sia ormai definitivamente compromesso.
Schmidt infatti ha fatto (giustamente) notare come ai giovani italiani manchi una seria formazione digitale, e chiunque sia entrato in una scola italiana sa di cosa stiamo parlando. Al che Franceschini, invece di ragionare in termini di confronto, ha risposto così: Ogni Paese ha la sua peculiarità, noi magari abbiamo giovani più competenti in storia medievale. Ma stiamo scherzando?!?!?!
E chi scrive qui è uno che ha una laurea in Storia Medievale, non certo un ingegnere elettronico. Io mi domando come si possa dire una sciocchezza del genere. E a dirla non è stato un pisquano qualsiasi ma il Ministro dei Beni Culturali. Qui siamo all’anno zero, siamo a livelli di ignoranza abissali.
Qualcuno può spiegare al Ministro Franceschini che avere ottima competenze digitali ormai non significa non averne in storia medievale? Anche perché oggi il digitale è una risorsa enorme in ambiti come la medievistica, l’archivista, la crittografia, la paleografia, la letteratura comparata… ma come si può essere così ignoranti da dare una risposta del genere?
Siamo davvero alla Caporetto della cultura italiana, qui ci sono persone che ragionano ancora in termini di esclusione, come se avere competenze digitali impedisse di avere altre competenze. Non si capisce che il digitale è uno strumento, che la digitalizzazione è la nuova frontiera dell’alfabetizzazione.
Oggi avere un generazione digitalizzata significa avere domani degli ottimi architetti, degli ottimi medici, degli ottimi storici medievali, degli ottimi commercialisti, degli ottimi cittadini. Com’è possibile che un Ministro dei Beni Culturali riveli un’ignoranza di tali proporzioni?
Il bello è che Franceschini ha continuato con frasi da avanspettacolo: In ogni paese ci sono vocazioni, magari un ragazzo italiano sa meno di informatica ma più di storia medievale e nel mondo questo può essere apprezzato. Un ragazzo italiano ad esempio potrà andare negli Usa a insegnare storia medievale e uno americano potrà venire qui a insegnare informatica.
Ma come si fa a spiegare a quest’uomo che oggi (e domani sempre di più) per essere inseriti in un contesto universitario di livello internazionale è indispensabile avere delle conoscenze informatiche? Che negli USA se non sai parlare inglese (altro dramma tutto italiano) e se non sai usare un computer è probabile che non ti facciano insegnare neanche alle scuole medie?.
Basta leggere le parole di Schmidt per misurare tutta la miopia e la smisurata inadeguatezza di Franceschini: L’Italia ha una disoccupazione giovanile al 40%, che dimostra un fallimento delle politiche. Un modo per affrontare questo problema è far recepire le abilità a livello digitale, incoraggiare i giovani in questo senso. Il futuro dell’arte è online, ma soprattutto la sfida sarà sul telefonino.
Frasi di questo tipo, che possono anche sembrare banali e scontate, rivelano visioni del mondo diametralmente opposte: da una parte chi ha capito che il digitale è semplicemente il linguaggio del mondo contemporaneo e come tale va utilizzato per valorizzare al meglio qualsiasi ambito della nostra vita, dall’altra chi vive completamente fuori dalla realtà e non ha la minima percezione di quello che sta succedendo intorno a lui.
L’aspetto più preoccupante di tutta questa vicenda è che Franceschini con questo atteggiamento e con queste parole è il perfetto rappresentante di una classe dirigente che da sempre vede nell’innovazione il male da contrastare (come non dimenticare le sue deliranti dichiarazioni sulla televisione all’ultimo Salone del Libro).
Una classe dirigente travolta dalla contemporaneità e totalmente inadeguata a leggere il presente per poter programmare il futuro. Un po’ come quei babbioni che all’epoca criticarono Dante perché si era permesso di scrivere in volgare abbandonando il latino. O la gente come Franceschini si mette in testa che il digitale è semplicemente il volgare del nuovo millennio o saremo condannati sempre di più a restare periferia dell’impero (culturale).