Il blog Pennybook riporta le risposte di Nicholas Carr, esperto di media digitali, al perché la crescita degli ebook stia rallentando negli USA (solo + 4,7% nel primo trimestre 2013).
Sintetizzando le risposte ecco i 6 punti individuati da Carr:
1. Potremmo scoprire che l’ebook è molto adatto ad alcuni tipi di libri (la narrativa di genere) ma non molto adatto per altri (come nonfiction e letteratura). Inoltre gli ebook si adattano bene ad alcune situazioni di lettura, come i viaggi in treno, ma meno adatte ad altre (sul divano del soggiorno). L’ebook potrebbe essere più un complemento al libro stampato [….].
2. Gli early adopter […] hanno già fatto il salto alla lettura digitale, e chi finora non è passato ai bit è più difficile da convincere […]
3. I vantaggi del libro di carta sono stati sottovalutati, e quelli degli ebook sopravvalutati.
4. I primi acquirenti di ereader hanno riempito le loro macchine di libri, in gran parte non letti […]
5. Il declino dell’ereader e la crescita del tablet non ha fatto bene alle vendite di ebook […]
6. I prezzi degli ebook non sono scesi in fretta come la gente si aspettava […]
Luca Masali, l’autore del pezzo, è abbastanza critico su queste risposte e rilancia inserendo un settimo punto, e cioè la mancanza di idee da parte degli autori (potete leggere tutto il post qui).
Personalmente credo che il punto 1 e 3 siano completamente sbagliati: il punto di partenza è corretto, nel senso che non c’è dubbio che il formato ebook sia più adatto ad alcuni tipi di generi piuttosto che ad altri, ma personalmente credo che per quanto riguarda la non-fiction gli ebook siano sicuramente molto più funzionali rispetto ai libri di carta. Un ebook infatti riesce a gestire contenuti multimediali (termine che fa tantissimo anni ’90…) in maniera molto più funzionale, offrendo spunti e possibilità inimmaginabili al lettore.
Il punto comunque va rovesciato: determinati tipi di lettori sono più attratti da un certo tipo di scrittura perché è più vicina al loro mondo. Chi è abituato ai ritmi iper veloci della rete o dei videogiochi è più facile che poi finisca per leggere un testo che abbia le stesse caratteristiche.
Piuttosto credo che la lunghezza di un testo e la sua impaginazione siano un fattore determinante. Possono sembrare banalità, ma invece leggere in digitale (sia che lo facciate su tablet che su eReader) comporta un approccio mentale parzialmente diverso rispetto al cartaceo. Per risultare perfettamente leggibile un testo in digitale deve essere diviso in paragrafi molto brevi e con elementi che riescano a spezzare il ritmo della pagina.
Leggere La Recherche di Proust in digitale è cosa molto più faticosa che sulla carta (parlo per esperienza personale) proprio perché con l’ebook si fatica molto di più a gestire i tempi di lettura di paragrafi molto lunghi e articolati. E sto parlando di una difficoltà prettamente visiva, non certo di una difficoltà legata contenuto. Potremmo chiamarla difficoltà di organizzare visivamente il testo che abbiamo di fronte in relazione al supporto che stiamo utilizzando.
Il punto 3 semplicemente non esiste, stiamo parlando di un’affermazione che davvero non riesco a inquadrare. I vantaggi e gli svantaggi di un supporto sono legati alla percezione che abbiamo di quel supporto, quindi cambiano a seconda delle persone. Avere 100mila ebook nel proprio eReader può essere sicuramente un vantaggio per chi legge molto, ma se sono uno che legge un libro all’anno non sarò minimamente interessato a questo aspetto.
Anche il punto 2 mi lascia molto perplesso: personalmente sono convinto del contrario, e cioè che i margini del digitale sono ancora molto ampi proprio perché c’è una larghissima fetta di pubblico che non ha ancora fatto il passaggio (chiaro che i numeri e le percentuali cambiano molto se paragoniamo gli USA ad altri paesi).
I punti 4 e 5 invece mi trovano molto d’accordo, io stesso ho ridotto gli acquisti dopo la grande abbuffata dell’anno scorso, ma questo è vero fino a un certo punto perché anche per quanto riguarda i libri ho sempre comprato molti più libri di quanti ne riuscissi poi effettivamente a leggere (ed è ancora così per la gioia di mia moglie).
Il punto dei tablet è sicuramente centrale: gli eReader si stanno assestando su una nicchia di mercato grossa, quella dei lettori forti, ma stiamo parlando pur sempre di una nicchia, mentre i tablet sono sempre più diffusi. In questo contesto gli scrittori e gli editori dovranno mettersi sempre di più in testa che i concorrenti dei libri sono i videogiochi, i blog, i film, le serie tv. La proposta culturale di accesso alla narrazione ormai è enormemente più ampia rispetto a qualche anno fa ma questo sembra che i protagonisti del mondo editoriale non l’abbiano ancora capito.
Infine i prezzi: non credo assolutamente che i prezzi siano un nodo fondamentale della questione, soprattutto nel mercato americano. Se troppo alti possono favorire la pirateria, certo, ma il valore resta sempre quello percepito e quindi per chi ormai è abituato a leggere in ebook il prezzo è una variante relativa. Certo, la politica folle di fare grosse offerte a 0.99 et similia di Amazon (che peraltro gli editori stanno assecondando ciecamente) sta facendo molti danni, perché ormai lo zoccolo duro dei lettori compra in base all’offerta e non in base al titolo, ma questo è tutto un altro discorso.
Infine il discorso legato alla creatività di cui parla Masali: non c’è dubbio che gli autori (e soprattutto gli editori) sono sostanzialmente rimasti alla porta in questa rivoluzione digitale. Pochissimi esperimenti e poca voglia di rischiare, peraltro due elementi che sono alla base dell’editoria (soprattutto italiana). Il punto però è un altro: essere innovativi in questo mercato paga? Questo è il grande dubbio.
L’apparato editoriale tende a cavalcare l’onda del momento finché non è completamente esaurita, e molto spesso le onde non nascono dal coraggio degli editori ma piuttosto da produzioni cinematografiche o televisive, che piaccia o no oggi continuano a restare le uniche due industrie capaci di creare trend globali con fatturati a 8 o addirittura 9 zeri (sì, internet, va bene, ma è tutto un altro discorso). Quindi non mi aspetto certo che siano gli editori ad innovare.
Per gli autori invece il discorso è molto diverso dato che il digitale permette in teoria di poter sperimentare molto senza rischiare, ma la mia impressione è che nessuno abbia voluto mettersi apertamente contro le case editrici per paura di perdere la propria fetta di torta. Solo qualche spericolato della scrittura (penso ad esempio a Victor Gischler) si è mosso diversamente, ma si tratta di casi abbastanza rari tra i big e, soprattutto, quasi sempre sono autori statunitensi.
Per dirna una molto semplice e banale, come editore è da 2 anni che cerco autori che abbiano voglia di lavorare ad un progetto di ebook con scelte e finali multipli, una sorta di riproposta in chiave adulta di quello che ha rappresentato il libro game negli anni ’90, ma trovane uno poi: a parole tutti disponibili, poi quando si tratta di fare… Non ce n’è, tutti alle prese con pippe autoriali infinite salvo poi scrivere un libro ogni tre anni quando va bene, in pochi che si rendano conto dell’aspetto lavorativo legato alla scrittura e all’importanza dell’investimento professionale che ci sta dietro.
Per dirla in parole semplici tutto vogliono essere scrittori ma nessuno vuole fare lo scrittore. Ma non divaghiamo perché sto per entrare in un terreno molto scivoloso….
Poco male comunque, tra un po’ anche gli autori saranno costretti a darsi una bella svegliata perché altrimenti quest’onda non potranno più cavalcarla ma, proprio come gli editori, verranno travolti. Saranno pochi quelli che potranno approfittare della rendita di una posizione ultraconsolidata, ma solo e soltanto i super big (e sempre più i big internazionale perché il mercato vero è quello).
Autori e scrittori dovrebbero approfittare di questo momento di interregno per studiare i meccanismi del digitale, per capire come si muove questo mercato e, soprattutto, per capire come si legge in digitale. Perché in il 90% degli autori che oggi pubblica in digitale è uno scrittore frustrato che vorrebbe pubblicare su carta e che non ha mai letto un ebook e, di conseguenza, non ha la più pallida idea di che cosa voglia il suo lettore (al di là di una bella storia, cosa che do per scontata).
Se fai il cuoco non solo devi sapere che gusto ha quello che cucini, ma devi anche andare a mangiare negli altri ristoranti, se no come fai a capire da che parte va il mondo?
Molto interessante e chiaro il tuo articolo. D’accordo su tutto, come già espresso su twitter qualche giorno fa. Masali fa bene a parlare della creatività come fattore potenzialmente decisivo (finora in negativo). Tu ci aggiungi anche la competizione con gli altri media, giustamente.
Esempio pratico – da lettore e autore – parallelo al tuo da editore, 2 anni fa, quando ho comprato il mio ereader, mi è venuto in mente che sarebbe stato bello avere dei librogame, anche solo per vedere se la tecnologia si prestava. Ebbene, sono passati 2 anni, ma a parte qualche collana classica anni ’90 convertita al digitale, non sono riuscito a trovare nulla. E parlo anche del mercato US. Una cosa che non mi spiego, visto che tutto quello che serve per fare un librogame è la capacità di inserire hyperlink, largamente praticabile anche prima dell’avvento dell’Epub3. Con quel poco che so di Html è stato uno scherzo impostare la storia a finali alternativi. Poi bisognerebbe avere il tempo di scrivere una bella storia però…
Se ti interessa, hai la mia modesta candidatura. Sto già portando avanti un progetto simile per The Incipit: http://www.theincipit.com/2012/12/il-mistero-dellisola-tempio-giannifalconieri/
Vedi che a volte basta dirle le cose? Ti scrivo via mail!